UNI/PdR 87/2020: la nuova Prassi di Riferimento “Servizio prevenzione e protezione – Attività tipiche del servizio di prevenzione e protezione così come previsto dall’art. 33 del D.Lgs. 81/2008
Finalmente, il 1° luglio 2020 è stata pubblicata la Prassi di Riferimento UNI/PdR 87:2020 elaborata, su proposta del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, da un gruppo di lavoro costituito dall’UNI a cui hanno partecipato oltre a rappresentanti del CNI anche Confindustria, Inail e Consiglio Nazionale dei Geometri.
La PdR 87:2020 evidenzia le attività tipiche che il Servizio prevenzione e protezione aziendale deve garantire ai sensi dell’art.33 del D.Lgs.81/2008 e fornisce elementi utili al datore di lavoro e, in generale, a tutti i soggetti coinvolti nell’organizzazione e gestione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, per esplicitare le attività tipiche svolte nell’ambito del servizio di prevenzione e protezione così come previsto dall’art. 33 del D.Lgs. 81/2008.
Parliamo di un documento di 36 pagine nel quale, finalmente, vengono messe in luce le responsabilità della figura professionale del Responsabile del Servizio di Protezione e Prevenzione.
La Prassi di Riferimento è liberamente scaricabile dal sito dell’UNI all’indirizzo http://bit.ly/UNIpdr87.
In questo articolo parliamo del noto principio che prende il nome dal suo ideatore, l’ingegnere e sociologo italiano Vilfredo Federico Damaso Pareto, vissuto a cavallo tra il 1800 e il 1900.
Lavorando allo sviluppo e alla sistemazione della teoria dell’equilibrio economico e al concetto della curva della distribuzione dei redditi, si rese conto che circa il 20% dei cittadini italiani disponeva di circa l’80 % della ricchezza. Ne venne fuori uno studio approfondito che, col tempo, divenne noto come principio di Pareto dell’80/20, o ancora effetto Pareto o distribuzione ABC per via della curva ad esso associata.
La validità di questa conclusione è stata riscontrata in altri campi:
nel commercio il 20% dei clienti (o dei prodotti) fattura l’80% dei profitti
nella tecnologia il 20% dei guasti genera l’80% dei costi di riparazione
nel lavoro il 20% dei dipendenti compie l’80% del lavoro
nel sociale dove passiamo l’80% del nostro tempo con solo il 20% dei nostri conoscenti
l’80% dei visitatori guarda solo il 20% delle pagine di un sito web.
Non vi è limite alle possibili applicazioni di questo principio. In qualsiasi campo sarà sempre (circa) il 20% di un fenomeno a produrre o assorbire l’80% (circa) dei risultati. Ovviamente bisogna sempre tener conto di una leggere oscillazione di circa 10 punti in più o in meno.
E’ pur vero che questa regola non deve essere intesa in senso di legge generale. E’ possibile identificare altri principi di partizione quali 70/30, 90/10 e altro ancora. Per esempio, nella logistica si riscontra più facilmente una distribuzione 70/30:il 30% delle referenze gestite è associato all’80% delle scorte. Secondo studi sull’organizzazione aziendale del filologo George K. Zipf, il 20-30% delle risorse produce il 70-80% dell’attività. Ci siamo, in linea con Pareto.
Possiamo considerare il principio di Pareto una buona approssimazione pseudo-scientifica che ci permette di individuare le priorità e concentrarsi sul piccolo gruppo che ha la maggiore priorità.
Joseph Juran, il padre della Qualità Totale, ha semplificato in maniera superba questo principio nella sua regola del “vital few“, annunciando che sono poche le cose realmente importanti.
Applicato alla gestione del tempo, il principio ci dice che sarà solo il 20% delle nostre attività ad assorbire l’80% del nostro tempo. Tuttavia, bisogna porre attenzione al modo in cui applichiamo il principio e interpretiamo i risultati. Infatti, è errato pensare che con il 20% del tempo investito si raggiunga l’80% in più rispetto al normale di risultati: in questo caso non avremmo di certo il 100% dei risultati.
Applicando correttamente tale principio, possiamo organizzare le nostre attività per raggiungere il miglior risultato col minimo sforzo. E’ proprio da questo principio che Eisenhower (il famoso presidente degli Stati Uniti) derivò la matrice omonima per la gestione delle priorità, sviluppata in seguito da Covey (ne parlo in questo articolo).
Graficamente il diagramma di Pareto è un grafico con barre e curve che permette di visualizzare con facilità gli elementi più importanti di un sistema o di un insieme. Usando Excel è piuttosto facile realizzare un grafico di Pareto. Si parte da una tabella di inserimento dati, contenente gli elementi da valutare e i pesi assegnati (quantità), che vengono poi visualizzati dal grafico. La percentuale cumulata è il segreto di questa analisi.
Per effettuare una valida analisi di Pareto bisogna costruire il diagramma seguendo queste fasi:
stabilire l’obiettivo da studiare
raccogliere i dati e calcolare la relativa frequenza
inserire i dati in una tabella in ordine decrescente
calcolare i valori cumulati
calcolare le percentuali totali e cumulative
costruire un istogramma e inserire una linea di tendenza
Ovviamente dovrà essere posta una grande attenzione nella raccolta dei dati, in modo da ridurre il “rumore” e aumentare la qualità e la significatività del dato.
Suddividere il grafico in tre fasce verticali:
Ecco che appaiono immediatamente le cause su cui intervenire (fascia A) e tutte le altre da tralasciare.
In conclusione:
L’analisi di Pareto ha una buona ragione di esistere e i risultati raggiunti sono certamente validi purché si faccia una buona raccolta dati. In questo caso è facile concludere che l’importante in ogni attività è raggiungere l’obiettivo facendo bene (non benissimo) le sole cose che ci fanno raggiungere il risultato ottimale. Questo ci fa pensare al mondo del design thinking, in precedenza noto come pensiero laterale.
Ritornando alla matrice di Eisenhower-Covey per la gestione delle priorità, applicando Pareto dovremmo operare l’inserimento delle attività poco produttive per l’80% suddivise tra il quadrante 3 e, soprattutto, il quadrante 4 quello della delega.
L’Earned ValueAnalysis è una tecnica per la valutazione dell’avanzamento e delle prestazioni di un progetto, che prevede la misura e il confronto dei tre aspetti fondamentali (driver) di un progetto: ambito, costi e tempi. Questa tecnica utilizza alcuni key project performance per valutare rapidamente e visivamente gli scostamenti tra quanto pianificato in termini di schedulazione e budget e lo stato corrente del progetto. Questi indicatori lanciano dei veri e propri segnali di allarme quando il progetto si discosta da quanto pianificato. E’ questa la sua vera forza.
Ricordiamo che lo scopo principale del project management è quello di realizzare gli obiettivi del progetto nei tempi e nei costi previsti con la qualità attesa. Un obiettivo tanto più difficile e ambizioso quanto più il progetto è di grandi dimensioni. Il project manager ha bisogno di effettuare delle regolari verifiche sull’avanzamento del progetto in termini di lavoro realizzato e costi sostenuti, per fare previsioni e adottare azioni correttive. Gli viene in aiuto l’Earned Value Management che, tuttavia, non è una tecnica intuitiva e di facile attuazione, anzi, richiede molto studio ed esercizio.
L’Earned Value Analysis è lo strumento perfetto per dare risposta alle seguenti domande:
Il progetto può essere completato nei tempi previsti?
Quant’è lo scostamento tra i costi sostenuti e i costi previsti?
Il progetto verrà a costare quanto previsto o ci sarà uno scostamento?
Per poter utilizzare efficacemente questa tecnica bisogna lavorare in tre fasi:
Definire le baseline di progetto relative a ambito, tempi e costi, dette Performance Measurement Baseline (PMB). Sono inserite nel piano di progetto e diventano il riferimento per valutare il progetto.
Scegliere dei momenti, durante lo svolgimento del progetto, nei quali raccogliere i dati di progetto necessari per l’analisi.
Definire lo stato corrente del progetto e valutare le performance di progetto confrontando gli indicatori raccolti con le baseline di progetto.
Ogni volta che viene effettuata una qualche attività di progetto vengono consuntivate le ore e i costi sostenuti per la sua realizzazione, il cosiddetto avanzamento fisico del progetto. Questi consuntivi dimostrano quanto è stato speso per realizzare quella parte di attività, che non sempre vale il 100% di quanto atteso. Per questo, non sono necessariamente una misura dell’avanzamento del progetto.
Per utilizzare questo metodo è necessario definire alcuni parametri fondamentali (KPI), che permettono di valutare i costi reali e confrontarli con i costi previsti per provvedere il costo totale reale del progetto:
Il Planned value (PV)
L’Actual cost (AC)
L’Earned value (EV)
Il Budget At Completion (BAC)
L’Estimated at Completion (EAC)
Questi parametri possono essere riferiti a singole attività o a qualsiasi loro raggruppamento (come definito nella Work Breakdown Structure) fino all’intero progetto.
Vediamo in dettaglio cosa rappresentano questi indicatori:
Il Budget At Completion (BAC) rappresenta il budget assegnato al progetto, cioè costo pianificato dell’intero progetto ed è calcolato sommando i planned value di ogni attività. Se, per esempio, il budget di progetto è stato fissato a 500.000€ il BAC sarà uguale a: BAC = 500.000€
Il Planned value (PV) è anche noto come BCWS, Budget Cost Work Scheduled e corrisponde al Lavoro Previsto e, quindi, viene calcolato prima che l’attività sia svolta. Rappresenta il valore (in termini economici) del lavoro atteso riferito al budget programmato, cioè in quale punto delle baseline di schedulazione e di budget dovrebbe trovarsi il progetto. Questo valore può essere calcolato in modo cumulativo oppure corrente e può anche essere espresso in termini percentuali rispetto al budget.
Come calcoliamo il planned value? utilizziamo la percentuale di completamento raggiunta e il BAC: PV = % completamento (pianificata) x BAC
L’Actual cost (AC), anche detto ACWP, Actual Cost Work Performed, corrisponde a Costi finora sostenuti per l’attività. Questo valore somma tutti i costi diretti e le aliquote dei costi indiretti sostenuti per effettuare una o più attività. In questa voce sono compresi i costi per la forza lavoro, i materiali, le attrezzature e gli strumenti, e tutti i costi indiretti. Non c’è una formula standard per calcolare questo valore, che deriva dalla contabilità.
L’Earned value (EV), chiamato anche BCWP, Budget Cost Work Performed, corrisponde al Lavoro realizzato e rappresenta il valore (in termini economici) del lavoro realizzato in confronto al Budget. Viene calcolato come somma cumulativa di tutti i work package completati. Ovviamente, questo parametro misura solo il lavoro effettivamente completato.
Come calcoliamo l’Earned Value? EV = % completamento (reale) x BAC
L’Estimate at Completion (EAC) ci da la previsione del costo finale del progetto stimato in base ai costi attuali e alle performance di progetto. E’ un valore stimato che può derivare dal parere di esperti appositamente coinvolti, oppure confrontando il progetto attuale con altri progetti simili già chiusi, o ancora utilizzando metodi di stima parametrica.
Questo indicatore può essere calcolato come (l’indice CPI lo vedremo successivamente): ETC = (BAC -EV) / CPI
Da questi indicatori di base possiamo derivare altri indicatori molto utili per comprendere l’andamento del progetto. Vediamo quali sono e come usarli:
Schedule variance: SV = EV – PV
Se la schedule variance è:
Positiva: il progetto (o l’attività) ha realizzato più di quanto pianificato
Negativa: il progetto (o l’attività) è in ritardo rispetto a quanto pianificato
Zero: il progetto (o l’attività) segue la pianificazione.
Cost variance: CV = EV – AC
Se la cost variance è:
Positiva: il progetto (o l’attività) ha speso meno di quanto messo a budget.
Negativa: il progetto (o l’attività) ha speso più di quanto messo a budget
Zero: il progetto (o l’attività) segue il budget assegnato.
Da questi indicatori di varianza possiamo dedurre due importantissimi indici:
Cost Performance Index: CPI = EV / AC
Schedule Performance Index: SPI = EV / PV
A cosa servono questi indicatori?
Se lo schedule performance index è:
maggiore di 1: è stato fatto più lavoro di quanto pianificato. minore di 1: è stato fatto meno lavoro di quanto pianificato. uguale a 1: è stato fatto tutto il lavoro previsto.
Se il cost performance index è:
maggiore di 1: il valore del lavoro completato è maggiore del valore speso, il progetto ha risparmiato.
minore di 1: il valore del lavoro prodotto è inferiore a quanto speso. Abbiamo superato il budget.
uguale a 1: il valore del lavoro prodotto è uguale a quanto speso. Siamo nel budget.
Per fare un esempio:
Abbiamo avviato un progetto semplicissimo che prevede l’installazione di 10.000 postazioni PC in quattro mesi e prevediamo di spendere mensilmente 12.500€ per un costo totale di 50.000€.
Supponiamo che, dopo 2 mesi di lavoro (la metà del lavoro totale) siano state installate 4.600 postazioni, pari al 46% del totale. Questi i valori in gioco:
BAC = 50.000€ PV = 50% * 50.000€ = 25.000€ EV = 46% * 50.000€ = 23.000€ AC = 26.000€ (rilevato dalla contabilità)
calcoliamo le a:
SV = 23.000€ – 25.000€ = -2.000€ il progetto è in ritardo CV = 23.000€ – 26.000€ = -3.000€ il progetto è oltre il budget
CPI = 23.000€ / 26.000€ = 0,88 abbiamo speso di più di quanto messo a budget SPI = 23.000€ / 25.000€ = 0,92 è stato fatto meno lavoro di quanto pianificato
Posizionandoci nel punto al tempo corrente (time now) possiamo tracciare una riga verticale che va a intercettare tre curve:
la curva del Planned value (in blu), sulla quale ovviamente troviamo il BAC (il punto finale della curva)
la curva dell’Earned Value (in verde), che ovviamente finisce al punto time now
la curva dell’Actual cost (in rosso), che ovviamente finisce con l’EAC (stima del costo finale del progetto)
La distanza tra BAC e ETC è il ritardo del progetto, mentre la distanza tra EV e PV è la Schedule variance e la distanza tra EV e AC è la Cost variance.
Quando parliamo di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro dobbiamo definire tutti i rischi possibili per il lavoratore. L’ambiente di lavoro non è da meno e, tra tutti i rischi fisici possibili, vi dobbiamo inserire il microclima, come definito nell’art. 180 (Titolo VIII, Capo I) del D.lgs. 81/08.
Cosa dobbiamo intendere con il termine microclima?
Il microclima è l’insieme dei fattori fisico-ambientali che, in unione ad alcuni parametri quali abbigliamento, attività fisica, metabolismo, mansione lavorativa, caratterizza il luogo di lavoro in cui un individuo lavora. E’ uno dei requisiti di salute e sicurezza sul lavoro.
Gli agenti fisici rappresentano dei fattori, governati da leggi fisiche, che provocano una trasformazione delle condizioni ambientali nelle quali essi si manifestano. Ovviamente tutti i rischi derivanti da agenti fisici nell’ambiente lavorativo debbono essere rimossi o ridotti il più possibile.
E’ facilmente intuibile che fattori microclimatici poco controllati, come per esempio, i livelli di temperatura, di umidità, i problemi inerenti alla corrente e agli sbalzi d’aria, possono influire negativamente su un dipendente, producendo effetti sia sulla salute fisica che quella psicologica. Possono persino favorire l’insorgenza di infortuni o malesseri. Pur avendo impatti differenti da soggetto a soggetto, un microclima sfavorevole avrà, prima o poi, ripercussioni sulla produttività aziendale.
Quali conseguenze sono possibili?
Tutte le condizioni fuori dal normale quali stress termici, colpi di calore o di freddo, esposizioni prolungate a temperature non adeguate o a correnti d’aria incontrollate, potrebbero danneggiare la salute del lavoratore. Gli effetti potrebbero vedersi sull’apparato respiratorio o sull’impalcatura muscolare e scheletrica nonché, in alcuni casi, sull’apparato gastrointestinale dei lavoratori. Dobbiamo aggiungere gli effetti determinati dai livelli eccessivi di umidità che favoriscono la proliferazione batterica, così come per la scarsa manutenzione dei sistemi di condizionamento e dei filtri dell’aria.
Al contrario, un microclima confortevole, definito comfort termico, migliora il benessere dei lavoratori.
Quali sono questi fattori?
la temperatura radiale e assoluta dell’aria
l’umidità relativa e assoluta nell’ambiente di lavoro
la ventilazione, naturale o forzata e velocità e portata del ricambio d’aria
l’illuminazione generale e puntuale degli ambienti
la resistenza termica del vestiario
L’attuale normativa, normata dal D.Lgs 81/2008, prevede la tutela del benessere psicofisico del lavoratore, pertanto il microclima degli ambienti di lavoro rappresenta un aspetto che non deve essere trascurato.
In base alle condizioni microclimatiche, gli ambienti di lavoro si distinguono in:
ambienti moderati: in questi ambienti è possibile raggiungere e mantenere facilmente le condizioni di equilibrio termico tra il corpo dei lavoratori e l’aria presente negli spazi di lavoro utilizzando impianti quali condizionamento, ricambio, trattamento e ventilazione dell’aria
ambienti severi (caldi e freddi): in questi ambienti si vive una sorta di stress termico che rende difficoltoso garantire le condizioni di comfort. Sono necessari adeguati impianti di termoregolazione auto-adattivi affinché venga assicurato il comfort necessario per garantire il benessere dei lavoratori.
Diventa essenziale per il datore di lavoro effettuare una precisa valutazione delle condizioni microclimatiche dell’ambiente di lavoro, come indicato non solo nel Testo Unico per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ma anche in diverse pubblicazioni dell’INAIL (Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro).
Tuttavia, il D.Lgs 81/08, nel Titolo VIII, non definisce delle univoche indicazioni su come valutare tale rischio, pertanto la valutazione del microclima viene effettuata facendo riferimento alla normativa tecnica nazionale e internazionale.
Il datore di lavoro può effettuare la rimozione o la riduzione dei rischi intervenendo con le seguenti azioni:
progettare adeguatamente i processi lavorativi sul luogo di lavoro
ridurre la presenza di agenti fisici nell’ambiente di lavoro in base alle necessità lavorative
ridurre la durata e l’intensità dell’esposizione
ridurre al minimo del numero dei lavoratori potenzialmente esposti
Inoltre, il datore di lavoro può proteggere la salute dei lavoratori impiegando opportuni sistemi di protezione collettiva anche individuale, per quei lavoratori esposti a condizioni microclimatiche particolari (si pensi alle celle frigorifere, o agli altoforni).
Ma la più importante tra le azioni di riduzione dei rischi è una giusta formazione ed informazione dei lavoratori.
Vediamo com’è possibile intervenire sui vari parametri per migliorare il comfort lavorativo.
La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori, considerata l’umidità e il movimento dell’aria concomitante.
La sicurezza sui luoghi di lavoro è un obiettivo di primaria importanza per lo Stato Italiano. Lo confermano le parole del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, nella sua audizione del 6 luglio 2021 davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati del Senato della Repubblica.
All’ordine del giorno le condizioni del lavoro in Italia.
Il Ministro ha descritto la creazione di un sistema nazionale per la Vigilanza, formazione, informazione e prevenzione per contrastare gli infortuni sul lavoro.
La formazione riveste un ruolo fondamentale in ambito di prevenzione e sicurezza sul lavoro che andrebbe affrontata già nelle scuole. Partirà una campagna di sensibilizzazione per informare e raggiungere i diversi target. La sicurezza è un investimento con un effettivo ritorno positivo e non è un costo. Per ogni euro investito in prevenzione si generano quattro euro di investimento in salute” ha dichiarato il Ministro.
Il Project Management è una disciplina strettamente legata a decisioni e scelte, che dipendono da numerosi fattori, spesso intangibili e non facilmente misurabili.
In contesti a elevata complessità con molteplici obiettivi, stakeholder ed alternative, e soprattutto con tanta incertezza, è opportuno affidarsi a un processo di decision-making che, con opportuni metodi di analisi, permetta di prendere le decisioni migliori.
L’Analytic Hierarchy Process (AHP) è una metodologia di analisi decisionale multi criterio, sviluppata dal matematico Thomas Lorie Saaty tra il 1971 e il 1975, che consente di selezionare la migliore alternativa tra un insieme discreto di alternative.
Il metodo è basato su valori e giudizi, sia quantitativi che qualitativi, di singoli individui e di gruppi, determinati in base a una struttura gerarchica multilivello al fine di ottenere delle priorità.
Le sue caratteristiche più rilevanti sono la capacità di misurare i criteri intangibili, la flessibilità e l’applicabilità nella risoluzione dei problemi complessi.
Le valutazioni, oggettive o soggettive, sono convertite in valori numerici ed utilizzate per assegnare una priorità alle singole alternative.
L’AHP è strutturato in una serie di passi, applicando i quali è possibile decomporre il problema iniziale, di solito complesso e non strutturato, in una gerarchia più semplice da comprendere e valutare.
Questa tecnica si basa sul principio che le persone trovano più facile giudicare in modo relativo, piuttosto che in modo assoluto. Tuttavia i giudizi variano da persona a persona ed il risultato dipende da chi sta prendendo le decisioni e dagli obiettivi che si intendono perseguire
La struttura gerarchica è una struttura di tipo lineare così formata:
Nella radice vi è l’obiettivo finale (goal) che il decisore intende raggiungere;
Nei livelli intermedi sono collocati i criteri e gli eventuali sotto-criteri decisionali, ovvero gli attributi sulla base dei quali si valuta la bontà delle alternative nel raggiungere l’obiettivo stabilito;
Nelle foglie, ovvero i livelli estremi, sono collocate le alternative, ovvero le diverse opzioni a disposizione del decisore.
I giudizi si basano su interpretazioni soggettive, espresse spesso in un linguaggio verbale e trasformate in numeri mediante la scala dei rapporti di Saaty, che trasforma i giudizi in punteggi assoluti compresi tra 1 e 9, dove 1 rappresenta l’uguaglianza tra i due criteri ed il valore 9 l’estrema importanza di un criterio rispetto all’altro.
Il giudizio finale è calcolato tramite media ponderata dei giudizi di tutti i decisori.
I numeri assegnati dal decisore nelle comparazioni sono organizzati in una matrice quadrata, positiva e reciproca, unitaria sulla diagonale principale, chiamata matrice dei confronti a coppie.
Tutti gli elementi decisionali presenti in un livello gerarchico sono comparati tra di loro a coppie, mediante un rapporto di preferenza, per ottenere le priorità locali.
Quindi, applicando il principio di composizione gerarchica, sono calcolate le priorità delle alternative, dette priorità globali.
Il metodo può essere proficuamente applicato, per esempio, nelle seguenti occasioni:
per la scelta di un progetto da avviare, come descritto in questo esempio del 2010
per la scelta del project manager, come presentato in questo esempio del 2011
per la scelta dei migliori appaltatori, come in questo esempio del 2006.
Per approfondimenti:
Anagnostopoulos K. P., Vavatsikos A. P., An AHP Model for Construction Contractor Prequalification, Operational Research. An International Journal. Vol.6, No 3, 2006.
Saaty T.L., A scaling method for priorities in hierarchical structures, Journal of mathematical psychology, Academic Press, 1977.
Saaty, T. L., The Analytic Hierarchy Process, McGraw-Hill International, 1980.
Torfi F., Rashidi A., Selection of project managers in construction firms using analytic hierarchy process (AHP) and Fuzzy Topsis: A case study, Journal of Construction in Developing Companies, 2011.
Vargas, R. V. (2010). Using the analytic hierarchy process (ahp) to select and prioritize projects in a portfolio. Paper presented at PMI® Global Congress 2010—North America, Washington, DC. Newtown Square, PA: Project Management Institute.
Immagine tratta da: https://clipartfox.com/download/d2b74a6b483bcf2f67c2190c830967883eed6951.html
La progettazione di un data center è un’attività sicuramente complessa e costosa, e gli ingegneri progettisti hanno la responsabilità di comprendere a fondo sia gli standard che definiscono le caratteristiche di un data center sia i rischi cui tale struttura può essere soggetta.
L’obiettivo tecnico è realizzare infrastrutture che operino in continuità operativa, cioè capaci di erogare i loro servizi sempre e comunque, anche in presenza di “incidenti distruttivi”. La continuità operativa, nota anche come Business Continuity, è un elemento essenziale per la protezione del business aziendale.
A tale scopo l’analisi ed il trattamento dei rischi diventano la base delle scelte progettuali, ed insieme agli standard internazionali come l’ANSI/TIA-942-A sulla progettazione di un DC, l’ISO 22301 sulla continuità operativa, l’ISO 31000 sulla gestione dei rischi e l’ISO 27001 sulla sicurezza e privacy dei dati, permettono di progettare strutture DC della massima efficacia.
Lo standard TIA-942-A definisce le best practice e le linee guida per la realizzazione di un data center e prevede una classificazione dei data center secondo quattro livelli crescenti, detti TIER.
A ogni tier corrispondono dei determinati standard di sicurezza e ogni tier si differenzia dagli altri, principalmente, per la percentuale di availability (che sarebbe, in sostanza, la percentuale di continuità operativa garantita durante l’anno). L’availability è funzione dei periodi temporali di interruzione operativa tollerati dalla struttura ed a sistemi di connettività più o meno stabili e ridondanti.
Si va dal livello minimo di continuità operativa del 99.671%, che prevede la mancanza di ridondanze ed un singolo sistema di alimentazione e di raffreddamento del TIER I, alla massima continuità operativa del 99,995%, dove sono previsti componenti ridondati e collegamenti multipli contemporaneamente attivi per l’alimentazione ed il raffreddamento del TIER IV, che garantisce la fault tolerance.
In breve ciò significa passare da un massimo di 28.8 ore di interruzione/anno del TIER I ad un massimo di soli 26.3 minuti di interruzione/anno per il TIER IV. Naturalmente la complessità ed i costi della struttura crescono in modo vertiginoso passando dal TIER I al TIER IV.
Un moderno data center non può fare a meno di sistemi di supporto essenziali per la stessa sopravvivenza del DC, come i collegamenti in fibra ottica, gli impianti di climatizzazione e raffreddamento studiati appositamente per sottrarre l’aria calda prodotta dalle macchine in funzione 24 ore su 24, sostituendola con aria fredda emessa da bocchette sul pavimento o i gruppi di continuità, che mantengono costantemente alimentati elettricamente in corrente alternata le apparecchiature.
This is a time-lapse video of the build out of a new 2.5 MW 20,000 sq ft data center for a major financial services company
Anche le procedure di Disaster Recovery devono essere puntualmente progettate ed applicate.
Infine, una grande attenzione va posta nella definizione di tutti quegli accorgimenti progettuali atti a garantire la protezione dei sistemi dai malfunzionamenti dovuti a sovracorrenti, fulmini, incendi o allagamenti, la protezione delle informazioni contro gli attacchi informatici ma anche la protezione dai possibili errori umani.
Trovano grande rilievo anche il servizio di sorveglianza e vigilanza, il controllo degli accessi, nonché la sala di controllo con i tecnici di presidio. Tutte queste caratteristiche sono ben descritte nello standard TIA-942-A.
La virtualizzazione dei sistemi hardware ed il cloud computing sono un’importante evoluzione del data center classico e stanno introducendo grande fermento nel mondo IT, poiché permettono di ottenere grandi risultati a costi sempre più bassi. La virtualizzazione, in particolare, si sta spingendo verso la completa digitalizzazione di ogni elemento dell’infrastruttura IT, siano essi le risorse di rete, gli storage o la stessa sicurezza, per creare data center completamente virtuali. Società come VMware ed Amazon stanno portando questi concetti a livelli estremi. Amazon, in particolare, con i suoi servizi Amazon Web Service offre una piattaforma ben collaudata e di facile utilizzo che permette a qualsiasi Aziende di creare la propria infrastruttura di server e storage on-demand in cloud, con semplicità e ad alta scalabilità.
Tutto questo è possibile grazie alle aumentate capacità computative dei server, ben sfruttate dai sistemi di virtualizzazione, ai sempre più capienti e veloci sistemi di memorizzazione ed all’aumento della larghezza di banda delle reti di telecomunicazioni ed alla loro capillare distribuzione.
L’estate 2021 vedrà l’arrivo della norma ISO 45003, nata per agevolare l’individuazione e la valutazione dei rischi di natura psicologica che possono colpire il lavoratore sul luogo di lavoro, argomento poco approfondito dalla norma ISO 45001 – Salute e Sicurezza sul Lavoro.
L’obiettivo è quello di arrivare a costruire un ambiente di lavoro positivo, che significa maggiore produttività, maggiore soddisfazione del personale lavorativo, riduzione dello stress e dei possibili infortuni. Tutto questo, per l’imprenditore, si traduce in maggiore innovazione.
La norma UNI ISO-45001 “Sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro – Requisiti e guida per l’uso”, definisce gli standard minimi di buona pratica per la protezione dei lavoratori in tutto il mondo. La norma si applica a qualsiasi organizzazione, indipendentemente dalle dimensioni, dal settore di appartenenza e dalla natura delle sue attività ed è progettata per essere integrata nei processi di gestione già esistenti. Tuttavia era carente dal punto di vista del benessere psicologico del lavoratore.
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Sed cras ornare arcu dui vivamus arcu felis. Cursus euismod quis viverra nibh cras pulvinar mattis nunc. Vulputate sapien nec sagittis aliquam malesuada. Tellus molestie nunc non blandit massa. Suspendisse in est ante in nibh mauris cursus. Erat pellentesque adipiscing commodo elit at imperdiet dui accumsan. Duis at tellus at urna. Rutrum quisque non tellus orci ac auctor augue mauris. At tellus at urna condimentum mattis pellentesque id nibh tortor.
Sagittis purus sit amet volutpat. Commodo elit at imperdiet dui. Non odio euismod lacinia at quis risus sed vulputate odio. Adipiscing elit pellentesque habitant morbi. Etiam sit amet nisl purus in mollis. Nam at lectus urna duis. Aliquet eget sit amet tellus cras adipiscing enim eu turpis. Facilisis mauris sit amet massa vitae tortor. At consectetur lorem donec massa.
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Vitae suscipit tellus mauris a diam maecenas sed enim ut. Scelerisque eu ultrices vitae auctor eu augue ut lectus arcu. Nisl nunc mi ipsum faucibus. Habitant morbi tristique senectus et netus. Aliquet porttitor lacus luctus accumsan tortor posuere ac. Elementum curabitur vitae nunc sed velit dignissim sodales. Suspendisse in est ante in nibh.
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