Lo strano mondo del lavoro in Italia. Cosa ci definisce di più se non il lavoro che svolgiamo? Siamo tutti chi impiegato, chi capufficio, chi imprenditore, chi ragioniere, chi dottore, architetto o ingegnere…
Lo strano mondo del lavoro
Quella dell’attribuzione di categorie lavorative è una mania che discrimina anche l’età (anagrafica, perché in fondo oggi siamo tutti giovani dentro). Sei troppo giovane o sei troppo adulto (vecchio mi sembra proprio una brutta parola e maturo mi fa pensare a una pera caduta da un albero) per…
Per cosa?
Tutto è rigidamente diviso per classi di età sia nelle politiche per il lavoro che nelle selezioni delle aziende. Vediamo… sei troppo giovane per un lavoro regolare e pagato il giusto, e allora beccati il tirocinio a vita, lavora gratis e ringrazia perché così farai curriculum che ti verrà buono per quando arriverai ai 50 anni.
Che poi, però, non ti vorrà più nessuno perché troppo adulto! allora beccati questo contratto a tempo, sottopagato, e ringrazia che ti faccio lavorare che alla tua età chi ti prende?
Cambiare lavoro alla mia età?
Un giovane ha la capacità, la forza e il tempo di apprendere cose nuove in tempi rapidissimi, un adulto porta la sua conoscenza ed esperienza vissuta sul campo. E la trasmette al più giovane. Forse, cara azienda, caro recruiter, che ne sai un decimo, forse, della persona che ti sta davanti, avete unità di valutazione sbagliate. E’ lo strano mondo del lavoro in Italia.
Le caratteristiche intellettive di un lavoratore dipendono davvero poco dall’età. Soprattutto in una società moderna e sana come la nostra, dove a 70 anni devi ancora andare in pensione (se la vedrai mai).
Se poi sei anche una donna, forse devi farti passare per uomo, come egregiamente rappresentato da Paola Cortellesi (bravissima) nel film Scusate se esisto! dove si scontra con un mondo del lavoro inaffidabile e sessista. Per fortuna qualcosa sta cambiando e quei pregiudizi dovrebbero estinguersi (speriamo presto).
Allora via dall’ufficio, restiamo a casa in telelavoro o, per quelli più capaci, andiamo in smartworking, su un poco di agilità perbacco. Prendete il notebook, lo smartphone, il tablet e attaccatevi al cloud (non metaforicamente ma virtualmente, obviously) e lavorerete da dove volete. Dalla spiaggia, dalla vostra cucina, dalla palestra tra un’attività e l’altra, dal co-working. Ecco, dal bagno forse è meglio di no, oppure evitate rumori strani.
Leggi l’articolo “Il lavoro non è un posto dove si va” qui su Ortidigitali.
E non dovrebbe più interessare l’età, il sesso (erano due, non sono informato su quanti siano diventati nel frattempo), la conoscenza delle lingue (basta conoscere qualche parola e qualche costrutto chiave, e parlare come tarzan), il luogo in cui si lavora.
Voi lavoratori siate agili e produttivi ma voi recruiter, avete capito?
Benedette competenze, maledette competenze
Il mondo evolve, il lavoro evolve. La paga, diminuisce. È un fatto, ma solo in Italia. Lo strano mondo del lavoro.
Allora preparati, stai al passo con i tempi, acquisisci competenze. Cioè fai qualche corso pagato profumatamente, magari finanziato da qualche fondo, dove l’importante è arrivare alla fine delle 20, 40, 80 ore di formazione e prendere l’attestato, la certificazione, il diploma. E sono tutti felici. Basta trovare il diplomificio più vicino, anche in fad, dad, e-learning e chi più ne ha più ne metta.
Sì, ma poi, in concreto, che sai fare?
Mettiti in proprio allora
Nel paese a più alto postificio pubblico, il famoso posto fisso di zaloniana memoria, mettersi in proprio è un’eresia. Se sei possessore sano di partita iva sei il diavolo evasore, che toglie il pane dalla bocca ai poveri clienti a posto fisso.
Ma, ti sembrerà strano, l’Italia è un paese con un alto numero di occupati in proprio, oltre cinque milioni. Esatto, cinque. Certo, direte, perché è facile evadere e diventano tutti ricchi.
Eppure non è così tutto bello. L’Italia soffre di alcune, come dire, patologie di difficile cura. Altissimo carico burocratico, difficoltà a fasi pagare (vuoi i soldi? fammi causa), difficoltà di accesso ai finanziamenti, mancanza di coperture in caso di malattia o infortunio. Sei un professionista? Lavora gratis per lo Stato, ti fa curriculum. E ancora si combatte per l’equo compenso, pensa un poco.
No, non parlo delle tasse troppo alte!
Quelle ci sono e nessuno può levarle e per affrontarle e ci resta solo la produttività. Quando tutto va bene pagare le tasse è bello (!) perché vuol dire che stiamo guadagnando. E con i nostri sacrifici ci potremo comprare tutto quello che vogliamo: la mega barca, la villozza, la macchinona, i vestiti firmati, il mitico rolex. Ma… no, non andrà così. Come ti potrebbe venire in mente di goderti così i tuoi soldi faticosamente guadagnati? Sfrontato e maleducato.
Dai che, forse, ci saranno pacchi di incentivi statali per metterti in proprio, magari da 40 anni in su. Certo che ci saranno, fa comodo a tutti. E… no. Non ci sono. Lo Stato incentiva tutto, tranne la fascia d’età dai 40 in su. La più esperta. La più utile. La più inutile.
Ma forse ci sarà un bel think-tank (parola favolosa) che per conto del Parlamento europeo (inchinatevi con rispetto, per favore) concederà fondi a sostegno di attività imprenditoriali per persone in difficoltà economica. Forte! Sempre che il tank non abbia pregiudizi più forti di quelli che vuole combattere.
Vuoi metterti in proprio? trovati un posto fisso
Eppure, per metterti in proprio non ti resta che… il posto fisso.
E già, perché per poterti preparare adeguatamente al grande passo ti serve prima sicurezza, qualche anno di guadagno (senza spendere nulla di più del necessario) che ti dia quegli incentivi e finanziamenti che non arriveranno mai da nessun’altra parte. Autofinanziati, costa meno ed è più sicuro che andare dallo strozzino, cioè scusate, dalle banche, a chiedere prestiti che ti indebiteranno proprio nel momento iniziale nel quale avrai maggior difficoltà.
Oppure, trovati una raccomandazione. O spera che ti capiti per caso. Com’è accaduto a Monica.
Come un gatto in tangenziale
Nel film come un gatto in tangenziale, ancora una volta Paola Cortellesi ci accompagna nell’epico scontro tra due mondi totalmente differenti per idee, stili di vita, comportamenti. Nella periferia romana, la scettica cuoca Monica viene misteriosamente in contatto con il pensatore Giovanni, che viene coinvolto suo malgrado in uno scontro tra mondi che, alla fine, si risolve come nelle migliori fiabe. Monica apre la sua pizzeria aiutata da Giovanni, che l’aiuta a ottenere i fondi necessari tramite il suo serbatoio di pensieri (ma pensa!).
Bello, allora si può fare! Certo, se non fosse la dimostrazione che serve sempre una raccomandazione. Ma sono sogni che durano poco, proprio come un gatto in tangenziale.
Per concludere, “di cosa ti occupi tu?”
E allora impariamo a rispondere a questa stupida domanda in modo diretto e conciso: niente titoli e funzioni, solo competenze. Quelle vere. Impariamo dal signor Wolf:
Sono il signor Wolf, risolvo problemi.
dal film Pulp Fiction
Il video
Ecco un illuminante video di Arianna Porcelli Safonov, bravissima interprete del mondo italiano moderno ma in chiave comica, anzi, tristocomica.
DI CHE TI OCCUPI TU? Un altro pezzo scritto e confezionato per il fastidioso blog di Madame Pipì